Assenza di collisione e responsabilità in caso di sinistro stradale
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- Creato Martedì, 30 Luglio 2013 16:42
In tema di responsabilità civile derivante da sinistro stradale, in assenza di una collisione tra veicoli non entra in giuoco la presunzione di cui al secondo comma dell'art. 2054 c.c., bensì quella di cui al primo comma. In presenza di una accertata responsabilità di uno dei conducenti dei veicoli coinvolti in un sinistro senza collisione tra i veicoli, è necessario accertare in pari tempo che l'altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione ed a quelle di comune prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l'incidente.
Trib. Monza, 04/11/2005
La sentenza per esteso:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MONZA
Il Tribunale di Monza, in composizione monocratica, in persona del dott. Gianfranco D'Aietti ha emesso la seguente
Sentenza Nella causa promossa da:
M.R., rappresentato e difeso dall'Avv. P.F. per procura in margine all'atto di costituzione in giudizio in sostituzione del precedente difensore elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Cernusco sul Naviglio.
Attore
contro
S. s.p.a., rappresentata e difesa dall'Avv. M.D. per procura in margine alla comparsa di risposta, elettivamente domiciliato presso lo studio G.-M. in Monza.
Convenuto
contro
M.M.
Convenuto contumace
Oggetto: risarcimento danni - lesioni personali.
Svolgimento del processo
R.M., con atto notificato il 28/1/2002, citava in giudizio M.M. e la S. S.p.A., chiedendo al Giudice di dichiarare la responsabilità solidale dei convenuti in ordine al sinistro stradale occorso all'attore in data 17/7/2000; chiese che fossero condannati a risarcirgli i danni subiti (lesioni) nella misura di Lire 51.221.100 pari a Euro 26.453,49, oltre a spese mediche future e rivalutazione interessi.
L'attore espose che egli, a bordo del proprio motorino, stava marciando (sulla banchina laterale della carreggiata in Monza) quando veniva urtato dall'autoveicolo condotto dal M. che effettuava una svolta alla propria destra "tagliando la strada" al ciclomotore che sopraggiungeva nella medesima direzione dell'autoveicolo.
Il convenuto M. rimase contumace, mentre si costituiva ritualmente la S. s.p.a. negando ogni responsabilità del proprio assistito.
In particolare contestava la esistenza di un urto tra i veicoli.
La causa veniva istruita mediante l'escussione di vari testimoni; il giudice nominò un C.T.U. medico-legale.
Le conclusioni sono state, quindi, precisate alla udienza del 16.10.2004; la causa è stata riservata in decisione e la sola parte attrice ha depositato la comparsa conclusionale; le memorie di replica sono state depositate da entrambe le parti.
Motivi della decisione
In seguito al sinistro il M.R. (attore) ha riportato lesioni, giudicate dal C.T.U. comportanti una lesione biologica permanente del 2-3%.
Ai fini dell'accertamento della responsabilità è poco rilevante che la compagnia assicuratrice abbia offerto la somma di 10 milioni di Lire a tacitazione delle pretese del M.R. La somma veniva incassata da M.R. a titolo di acconto sul maggior danno.
Successivamente si è instaurata la causa civile. L'incidente è stato ben descritto dagli agenti della polizia Municipale di Monza che hanno anche redatto una planimetria dei luoghi:
(segue immagine non riproducibile). La dinamica è classica. La vettura condotta dal convenuto M. ha iniziato una svolta alla propria destra ed il motociclo, che viaggiava affiancato nella stessa direzione, più interno alla carreggiata di marcia dell'autovettura, si è trovato (continuando ad andare dritto) la strada ostruita dal veicolo che stava svoltando.
La collisione tra i due veicoli non è avvenuta. Lo attestano i rilievi obbiettivi dei Vigili urbani. Non è convincente la generica deposizione della teste S. Il motociclo ha sbandato è caduto sull'asfalto e, scarrocciando, è andato a sbattere contro un altro veicolo che era più avanti.
Il M.R. ha violato le regole di condotta stradale (è stato contravvenzionato ex art. 143 codice della strada d.leg. 30 aprile 1992 n. 285) in quanto marciava non sulla carreggiata ma sulla banchina laterale che fiancheggiava la sede stradale (ove non è consentita la circolazione). Circolare sulla banchina poteva pure essere una forma di prudenza (soggettiva) del M.R. per evitare di star troppo vicino ai veicoli che circolano su viale & (prudenza abbastanza comprensibile) ma è anche vero che, così, si è posto in una situazione che rendeva per gli altri più pericolosa l'effettuazione di manovre di svolta. Infatti, quando si svolta a destra è buona regola di prudenza controllare (una occhiata allo specchietto retrovisore destro) se non si sta "stringendo" un eventuale motociclo che ci stia a fianco. Una tale accortezza di guida viene resa inutile se la circolazione avvenga illecitamente sulla banchina interna alla carreggiata.
In tal caso è specifico onere di chi viaggia in tale situazione di irregolare circolazione essere estremamente prudente alle intersezioni delle strade controllando lui che veicoli non stiano per svoltare. Il M.R. non si è posto questo problema. Andava dritto nella banchina laterale ed, arrivato all'incrocio, si è trovato la strada ostacolata dalla vettura che aveva appena iniziato la svolta a destra. La frenata e la lunga sbandata con scarrocciamento evidenziano andatura non particolarmente contenuta del M.R.
Una tale condotta è stata sicuramente (nella valutazione della dinamica dell'incidente) la causa prevalente del sinistro. La condotta di guida del M., però, pur in presenza di una sicura esistenza di una violazione di regole di condotta del M.R., non è esente da critiche.
I Vigili Urbani lo hanno contravvenzionato per violazione dell'art. 154 ("svoltava sulla destra senza tenersi il più possibile sulla destra") e tale violazione potrebbe essere causalmente ricollegata all'incidente in quanto avrebbe potuto ingannare il M.R. non facendogli rendere conto delle sua intenzione di svoltare a destra.
Nessuna certezza circa la messa in funzione del lampeggiante di direzione. La teste S. (occasionalmente presente sul luogo) ai vigili ha riferito di non ricordare se la macchina avesse azionato l'indicatore di direzione; la sua (parzialmente diversa) deposizione giudiziaria a distanza di tanti anni non appare più affidabile di quelle resa nella imminenza degli accertamenti.
La misura della responsabilità.
In assenza di una collisione tra veicolo non entra in giuoco la presunzione di cui al secondo comma dell'art. 2054 c.c., ma bensì quello del primo comma.
In presenza di una accertata responsabilità di uno dei conducenti dei veicoli coinvolti in un sinistro (ma senza collisione) è necessario accertare in pari tempo che l'altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione ed a quelle di comune prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l'incidente.
La prova pienamente liberatoria non è stata fornita dal M. e dalla sua compagnia assicurativa.
Ovviamente in un bilanciamento ponderato delle rispettive violazioni delle condotte di guida (pienamente provata la prima e parzialmente presunta la seconda) la misura delle rispettive responsabilità va ragguagliata al 70% a carico del conducente della motocicletta ed al 30% a carico del guidatore dell'autoveicolo.
Consegue che i convenuti vanno condannati a risarcire il 30% dei danni riportati dal M.R.
Liquidazione dei danni.
Il consulente tecnico di ufficio ha determinato nel 2-3% il del danno biologico permanente.
Le conclusioni del consulente tecnico di ufficio appaiono svolte con argomentazione adeguata, non sono contrastate da considerazioni tecniche condivisibili e sono ritenute convincenti da questo giudicante.
Consegue che R.M., ha riportato, in seguito al sinistro avvenuto in data 17 luglio 2000, un danno biologico permanente valutato nella misura del 3%; l'invalidità temporanea parziale è stata al 75% per giorni 10, al 50% per giorni 20, al 25% per giorni 20.
Il danno conseguente al trauma dentale è stato escluso dal C.T.U.; con una "interpretazione" favorevole all'attore questo Tribunale, su istanza del difensore della parte attrice, ha consentito la acquisizione tardiva delle radiografie che erano state fatte in occasione dell'intervento al pronto soccorso; va segnalato che, invece, la parte attrice ha, poi, prodotto radiografie fatte privatamente in un periodo ben successivo, del tutto irrilevanti ai fini della valutazione che si prospettava (lesioni all'apparato dentale).
Il concorso di colpa del danneggiato è pari al 60% per cui i calcoli che seguono tengono conto delle cifre che sarebbero attribuite se non vi fosse concorso di colpa, mentre la cifra definitiva liquidata viene direttamente calcolata al 40% senza ulteriori specificazioni.
Il danno biologico permanente, viene liquidato sulla base dei criteri tabellari per punto di invalidità utilizzati dal Tribunale Milano 2005 (l'incidente è anteriore alla legge sulla micropermenente) che rapportano l'entità del risarcimento ad un valore progressivo con riferimento all'incremento dei punti di invalidità e con una funzione regressiva di decurtazione con riferimento all'elevarsi dell'età del danneggiato al momento del sinistro. I valori sono in moneta attuale (2005) e non vanno rivalutati.
Per ciascun punto viene riconosciuto l'importo tabellare di Euro 841,70 (Lire 1.629.758) debitamente abbattuto col coefficiente di riferimento per l'età del danneggiato (pari a 0,760). Tale danno va liquidato nell'importo complessivo di Euro 1.010,04 (Lire 1.955.710).
Per la invalidità temporanea parziale la liquidazione della diaria avviene in misura proporzionale alla percentuale di invalidità riconosciuta per ciascun giorno.
La invalidità temporanea parziale di giorni 10 al 75% va liquidata in Euro 195,00 (Lire 377.573), quella di giorni 20 al 50% va liquidata in Euro 260,00 (Lire 503.430) e, infine, quella di giorni 20 al 25% va liquidata in Euro 130,00 (Lire 251.715).
A titolo di danno biologico per invalidità temporanea (I.T.A. e I.T.P.) spetta al danneggiato l'importo complessivo di Euro 585,00 (Lire 1.132.718).
In totale, a titolo di danno biologico (sia per la permanente (I.P.) che per la temporanea (LT.)), va liquidato l'importo complessivo di Euro 1.595,04 (Lire 3.088.428).
DANNO MORALE (non patrimoniale). Va liquidato il danno non patrimoniale a favore del danneggiato.
Il danno morale viene liquidato con riferimento ad una percentuale dell'importo determinato a titolo di danno biologico.
Il danno biologico preso in considerazione come base per il calcolo è sia quello da invalidità "permanente", sia quello da invalidità temporanea.
La tabella del Tribunale Milano 2005 adotta il seguente criterio liquidatorio: Calcolato in percentuale alla liquidazione del danno biologico: danno morale soggettivo da un quarto alla metà; per il danno non patrimoniale (diverso dal biologico) è elevata fino a due terzi della somma liquidata a titolo di danno biologico; nel caso di specie tenendo conto della gravita della colpa, dell'entità delle lesioni sofferte dal danneggiato, del grado di invalidità derivante da dette infermità, dell'impatto che tali infermità hanno avuto sulla persona del danneggiato, della durata della invalidità temporanea, si può equitativamente liquidare il danno morale nella misura di 1/3 del danno biologico per un importo pari a Euro 531,68 (Lire 1.029.476).
In totale a titolo di danno morale va liquidata la somma complessiva di Euro 531,68 (Lire 1.029.476).
Durante il periodo della invalidità temporanea il danneggiato non ha potuto svolgere la sua attività lavorativa produttrice di reddito. Tale invalidità ha inciso, evidentemente, sulla effettiva produzione del reddito e va risarcito il danno conseguente a tale lucro cessante. I giorni di inabilità lavorativa specifica (che non coincidono necessariamente con la invalidità generica ai fini del mero danno biologico) sono i seguenti:
10 giorni al 75% - 20 giorni al 50% - 20 giorni al 25%.
Il M.R. ha presentato una dichiarazione del suo datore di lavoro che indicava un emolumento di 8.000.000 di Lire al mese nel 2000.
L'affermazione è priva di ogni riscontro ed il M.R. (operaio piastrellista) non ha documentato in alcun modo idoneo il suo reddito. Non si sa neppure se era dipendente (coperto dalle assicurazioni sociali) o libero professionista. A voler riconoscere che egli percepiva redditi corrispondenti al triplo della pensione sociale il danno risarcibile per la invalidità temporanea (come sopra determinata e con le percentuali) è, al massimo, di Lire 510.536 (così già ridotto al 40% della responsabilità).
Con riferimento alla entità giornaliera del reddito che sarebbe stato prodotto (dividendo il reddito annuale per 365 giorni) ed alle invalidità (con riferimento alla durata ed alla percentuale corrispondente di eliminazione e riduzione della capacità lavorativa specifica) si giunge alla determinazione del lucro cessante da reddito per inabilità temporanea di Euro 263,67 (Lire 510.536).
Danni alle cose:
L'attore ha presentato solo un preventivo di riparazione senza conferma e senza fotografie del danno. La descrizione del danno fatta dai vigili è molto riduttiva ("abrasioni - rottura dispositivo retrovisore"); in mancanza di prova possono essere liquidate equitativamente in Lire 800.000.
Liquidazione del danno
(omissis)
Orbene con la liquidazione di tutti questi danni appare ampiamente inferiore a quanto già corrisposto dalla compagnia assicuratrice del M. prima della instaurazione del giudizio (Lire 10.000.000).
La domanda attrice va, quindi, rigettata.
Le spese di giudizio vanno poste a carico della parte attrice che ha visto rigettate tutte le sue domande e si liquidano come in dispositivo.
Anche le spese del consulente tecnico di ufficio vanno poste definitivamente a carico della parte attrice.
La parte attrice va condannata a rimborsare alla controparte S. s.p.a. la quota parte dei compensi del consulente tecnico di ufficio da quest'ultima eventualmente erogati al C.T.U. in base al provvedimento di liquidazione provvisoria.
P.Q.M.
Il Tribunale, in persona del Giudice Unico, definitivamente pronunciando nella causa n. 1610/2002 R.G.C. così provvede:
1. rigetta le domande attrici;
2. condanna R.M. a pagare alla S. s.p.a. le spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 3.525,00, di cui Euro 150,00 per spese non imponibili, Euro 375,00 per spese generali (12,5% su diritti ed onorari), Euro 1.200,00 per diritti e Euro 1.800,00 per onorari oltre I.V.A. e C.P.A.;
3. pone le spese del consulente tecnico di ufficio definitivamente a carico di R.M. che va condannato a rimborsare alla controparte S. s.p.a. la quota parte dei compensi del consulente tecnico di ufficio da quest'ultima erogati al C.T.U. in base al provvedimento di liquidazione provvisoria.
Così deciso in Monza il 24 ottobre 2005.
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