Se la fattispecie è inquadrabile, come sembra, nell’ambito di una semplice comunione ordinaria la risposta è no. Solo per la comunione ereditaria è prevista la prelazione del coerede ai sensi dell’art. 732 c.c. ma la sua applicazione in via analogica anche ai casi di comunione ordinaria è da sempre stata esclusa dalla giurisprudenza di legittimità.
Com'è noto, la prelazione consiste nel diritto a essere preferiti, a parità di condizioni, nell'attribuzione o nel riconoscimento di una situazione giuridica soggettiva attiva.
La prelazione può essere legale, se “imposta” dalla legge, ovvero pattizia se contrattualmente prevista dalle parti.
Il nostro sistema prevede varie ipotesi di prelazione legale tra le più rilevanti, oltre a quella citata del coerede, la prelazione del partecipante all'impresa familiare (art. 230-bis c.c.); le varie ipotesi di prelazione agraria (art. 8, commi 1 e 3,1. 26 maggio 1965, n. 590; art. 7 della L. 14 agosto 1971, n. 817); la c.d. prelazione urbana (art. 27 L. 27 luglio 1978 n. 392); la prelazione a favore dello Stato per il caso di alienazione a titolo oneroso di beni di interesse storico, artistico e archeologico (artt. 60 e ss. D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42); la prelazione a favore dell'Ente parco per il caso di trasferimento a titolo oneroso della proprietà e di diritti reali sui terreni situati all'interno delle riserve e delle aree (art. 15, comma 5, L. 6 dicembre 1991, n. 394); la prelazione a favore di diversi enti pubblici territoriali per il caso di vendita di immobile da parte dell'Istituto per il Sostentamento
del Clero (1. 20 maggio 1985, n. 222); la prelazione in materia societaria per l'acquisto di azioni inoptate (art. 2441, comma 3, c.c.) e per l'acquisto delle quote del socio moroso (2477, comma 2, c.c.).
Non ricorrendo nel caso di specie alcuna delle ipotesi di prelazione legale, ove i fratelli non abbiano previsto una prelazione contrattuale in favore degli stessi in caso di scioglimento della comunione, chi “vuol vendere” potrà agire secondo il dettato dell’art. 1103 c.c.: “Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota”.